Una falange macedone di Johnny Shumate.
In nessun momento della storia macedone le cose sembravano più tristi che nel 360 a.C., quando le tribù balcaniche uccisero il re e invasero gran parte della Macedonia. Ma il fratello minore del re, Filippo, prese immediatamente il controllo del regno e iniziò le riforme che avrebbero trasformato l’esercito macedone in una macchina da guerra ben organizzata. Il primo passo fu quello di aumentare l’efficacia dei fanti contadini. Attingendo ai fondi delle miniere d’argento, Filippo introdusse armi standardizzate e la disciplina della formazione della falange. Nel giro di due anni portò le dimensioni dell’esercito macedone a oltre 10.000 uomini e scacciò gli invasori. Non solo la sua vittoria rafforzò il potere della monarchia, ma la nuova efficace fanteria bilanciò l’influenza politica della nobiltà.
Utilizzando la sua nuova forza, Filippo introdusse nei vent’anni successivi ulteriori riforme sia nell’organizzazione che nelle armi. Egli forgiò i nobili macedoni in una forza di cavalleria pesante addestrata e disciplinata, organizzata in squadroni territoriali. Diede loro il titolo di Compagni (hetairoi) per enfatizzare la loro relazione sociale e politica con il re, conquistando la loro fedeltà a un sistema militare più centralizzato e riducendo la loro influenza indipendente nel regno. Indossavano un’armatura e portavano una versione più corta della sarissa di fanteria, o picca, più adatta al combattimento a cavallo. I Compagni formavano una forza offensiva mobile, pari per qualità se non per numero alla migliore cavalleria persiana e ineguagliata in qualsiasi esercito greco.
Filippo ampliò ulteriormente la fanteria pesante, reclutando uomini da parti del Macedone che tradizionalmente erano state fuori dal controllo diretto del re, come gli aspri cantoni del Macedone occidentale, e legandoli al re con concessioni di terre. L’intenzione di Filippo era quella di creare un esercito di cittadini-soldati che derivassero il loro status dal servizio militare al re, fondendo in effetti due fonti di coesione della fanteria: i legami comunitari come quelli sviluppati nelle poleis greche e l’esercizio e la disciplina imposti a livello centrale. Il risultato fu la creazione di una grande forza di fanteria macedone organizzata in battaglioni territoriali. Queste unità formavano una falange di circa 18.000 uomini, molto più grande di quanto qualsiasi stato greco potesse sollevare. Filippo armò queste truppe con una sarissa lunga circa 15-18 piedi. La sarissa permetteva a Filippo di alleggerire l’armatura della sua fanteria, fornendo loro un piccolo scudo legato al braccio sinistro e solo una leggera armatura per il corpo. La sarissa e l’armatura più leggera aumentavano sia la mobilità che la potenza offensiva della falange macedone, dato che ora più punte di lancia precedevano la prima linea di soldati in combattimento. Per sottolineare la natura regale della fanteria nella struttura politica del regno, Filippo li chiamò i suoi Compagni del piede (pezhetairoi). Anche se i loro privilegi non corrispondevano a quelli della nobile cavalleria dei Compagni, la fanteria riceveva una paga regolare, che permetteva loro di mantenere le loro fattorie comprando schiavi o assumendo manodopera, dando ai re macedoni le migliori qualità di milizia cittadina e soldati professionisti in un’unica forza.
La combinazione tattica di falange e cavalleria pesante poteva essere formidabile, con la fanteria che fungeva da incudine, trattenendo il nemico per il colpo di martello dei Compagni. Ma questi due elementi pesanti da soli mancavano di flessibilità e mantenevano la connessione tra loro solo con difficoltà. La terza unità cruciale dell’esercito macedone era, quindi, una forza di fanteria di 3000 uomini che formava la Guardia Reale – gli ipaspisti, o portatori di scudo. Questi uomini differivano dalla fanteria regolare in quanto non erano organizzati territorialmente, ma erano reclutati in tutto il regno. Il loro equipaggiamento è oggetto di molte discussioni, ma sembra che includesse uno scudo più grande di quello degli uomini della falange, una spada corta e una lancia più corta e leggera. Erano quindi armati in modo più leggero della fanteria pesante; il loro equipaggiamento, l’esercitazione ancora più intensa e le loro unità più piccole di organizzazione li rendevano più mobili della falange. Così, uno dei ruoli degli ipaspisti era quello di agire come collegamento o cerniera tra la falange e la cavalleria pesante nelle battaglie a pezzi. Ma la loro abilità e flessibilità tattica rese gli ipaspisti utili per una varietà di compiti, e sotto il figlio di Filippo, Alessandro, divennero l’unità delle “forze speciali” dell’esercito.
Filippo incluse anche la fanteria leggera e gli schermagliatori nell’organizzazione dell’esercito regolare, e aggiunse truppe specializzate provenienti da alleati o mercenari, compresa la cavalleria pesante tessalica, gli arcieri cretesi e gli alpinisti agriani. Queste truppe aggiunsero all’esercito sia la potenza di fuoco che le capacità di schermaglia e di esplorazione, dando a Filippo e poi ad Alessandro una serie di strumenti tattici e operativi che potevano affrontare quasi ogni sfida. E, in effetti, un importante segno distintivo dell’uso che Filippo fece del suo nuovo esercito fu la sua capacità di coordinare i vari tipi di fanteria e cavalleria in un piano di battaglia coerente.
Operativamente e strategicamente, Filippo sottolineò la mobilità. Fece portare alle sue truppe i propri rifornimenti e limitò il numero di animali da soma. A differenza delle forze dei greci, il suo esercito poteva fare campagna tutto l’anno. Filippo capì anche l’importanza della guerra d’assedio e organizzò un treno d’assedio mobile che includeva ingegneri e motori da guerra, alcuni dei quali erano abbastanza leggeri da essere usati come artiglieria da campo in battaglia. Filippo aveva creato una macchina da guerra completa.
Filippo era ora pronto a raccogliere la sfida dei panellenisti e a condurre una grande guerra contro i barbari persiani. Sfortunatamente, anche i greci lo consideravano un barbaro. Pertanto, portò il suo esercito in Grecia, e nel 338 a.C. a Cheronea, sconfisse un esercito di Ateniesi e Tebani, distruggendo la Banda Sacra. Durante la battaglia, suo figlio Alessandro si distinse alla testa della cavalleria dei Compagni. Nel 336 Filippo, ora egemone della Lega Greca oltre che re di Macedonia e capo della Tessaglia, era pronto a invadere la Persia. Mandò un’avanguardia in Asia Minore, ma prima che potesse raggiungerli, fu assassinato.