Rimasto orfano da bambino e cresciuto nella casa di suo zio M. Livius Drusus, il riformatore, Catone coltivò presto abitudini di austerità e fece grande sfoggio di probità politica e morale. Dopo essere stato tribuno militare in Macedonia (67-66 a.C.), girò l’Asia per prepararsi alla vita pubblica. Come questore, o ministro delle finanze, Catone si distinse per la sua punizione degli impiegati del tesoro corrotti e per la rigorosa rettitudine dei suoi conti. Ma non era esente da favoritismi. Come tribuno eletto nel 63, perseguì per corruzione elettorale uno degli uomini che sconfissero Catilina per il consolato, esentando l’altro perché era un parente.
Il discorso infuocato di Catone del 5 dicembre portò il Senato a votare per l’esecuzione dei cospiratori catilinari che erano stati catturati a Roma dopo un tentativo fallito di prendere il controllo dello stato. Come tribuno nel 62, Catone bloccò i tentativi di Metello Nepos e Giulio Cesare di richiamare Pompeo per occuparsi di Catilina e del suo esercito in Etruria.
Quando Pompeo tornò dall’Oriente, Catone guidò l’opposizione senatoria contro di lui. Egli oltraggiò anche Crasso e gli equestri rifiutando di permettere il riesame del contratto fiscale per l’Asia. Il risultato fu la formazione del Primo Triumvirato da parte di Pompeo, Crasso e Cesare per raggiungere i loro scopi politici. Durante il consolato di Cesare nel 59 Catone si oppose aspramente alle proposte di legge del triumvirato per la ridistribuzione delle terre e la concessione di un comando straordinario a Cesare. Le tattiche di Catone erano così violente che Cesare a un certo punto lo fece imprigionare per poi ripensarci. L’anno successivo i triumviri si liberarono di Catone offrendogli un comando speciale a Cipro. Sebbene Catone fosse consapevole di essere stato allontanato dal centro del potere, il suo esagerato senso del dovere gli rese impossibile rifiutare.
Quando tornò a Roma nel 56 a.C., tentò di bloccare l’elezione di Pompeo e Crasso al loro secondo consolato. Essi impedirono quindi l’elezione di Catone al pretorio, per il quale dovette aspettare fino al 54. Per controllare i disordini e l’anarchia che si svilupparono nel 53 e nel 52, Catone sostenne la proposta dei capi senatori di rendere Pompeo unico console. In seguito continuò a sostenere Pompeo, ma solo come forza di contrasto al crescente potere di Cesare. Poiché Catone si rifiutò di coltivare i grandi politici, non riuscì a vincere il consolato per 51.
Nella guerra civile tra Pompeo e Cesare, Catone scelse Pompeo e gli fu dato il comando in Sicilia, che evacuò dopo l’arrivo delle forze cesariane per evitare spargimenti di sangue. Presidiò Dyrrachium per Pompeo durante la battaglia di Farsalus e dopo la sconfitta di Pompeo si unì ai rifugiati pompeiani in Africa. Lì rifiutò il comando militare perché non aveva tenuto il consolato, ma prese il comando della città di Utica (da cui derivò il suo cognome) e ne organizzò le difese. Quando Cesare schiacciò i pompeiani nella battaglia di Thapsus nel 46 e si avvicinò alla città, Catone si suicidò.
Dopo la sua morte Catone divenne un simbolo del repubblicanesimo nella continua lotta contro Cesare, Antonio e Ottaviano. Ma durante la sua vita il suo conservatorismo e il suo ostruzionismo servirono solo a rafforzare le forze a cui si opponeva.