Il significato di base del termine latino imperium era ‘comando’ e il termine includeva l’autorità che stava dietro al mandato. Durante il lungo periodo in cui Roma era una repubblica, imperium significava il potere legato alla carica dei principali magistrati eletti della città, in particolare i due consoli annuali e i pretori di rango inferiore. Erano i consoli che comandavano gli eserciti e si recavano nelle province loro assegnate dal senato. Anche i pretori vennero a condividere una funzione militare man mano che il territorio controllato da Roma aumentava ed essi furono nominati per amministrare le province.
Ma col tempo si svilupparono ulteriori meccanismi che estendevano l’imperium ad altri individui in circostanze speciali. Uno era l’antica carica di dittatore che dava il controllo supremo a un singolo magistrato anziano in tempi di particolare necessità; ma nella media e tarda repubblica questo titolo fu dato solo due volte, una volta a Silla nell’81 a.C. e poi a Giulio Cesare, che fu nominato dittatore diverse volte dal 49 a.C., e dittatore a vita prima della sua morte nel 44 a.C. Una seconda procedura che veniva regolarmente utilizzata era l’estensione dell’imperium di un magistrato per coprire l’anno successivo al suo mandato. Questo creava pro-magistrati come pro-consoli e pro-pretori che spesso erano anche coinvolti nella gestione delle province. Molto occasionalmente l’imperium poteva essere concesso a un individuo che non era un magistrato per affrontare qualche situazione eccezionale.
Imperium, quindi, era la base dell’autorità reale e del peso militare. La questione di chi esercitasse questo potere e come divenne di urgente importanza nel primo secolo a.C., poiché era ormai chiaro che i meccanismi amministrativi stabiliti della repubblica erano inadeguati ad affrontare i problemi portati dalle conquiste territoriali. Le carriere di Pompeo Magno (Gneo Pompeo Magno) e Giulio Cesare riflettono entrambi una forte tensione tra l’esercizio del potere reale e la necessità costituzionale di contenerlo all’interno di una base adeguata. Pompeo aveva ottenuto comandi militari e trionfi senza mai essere un magistrato, e quando alla fine divenne console nel 70 a.C. fu perché aveva costretto il senato a lasciargli saltare i primi stadi della scala convenzionale delle magistrature. Al di fuori di Roma arrivò a ottenere un potere e un’influenza straordinari in Oriente, dove aveva sconfitto il re Mitridate del Ponto ed era corteggiato da molti governanti locali desiderosi di ottenere un riconoscimento. Forse ancora più significative per lo sviluppo del successivo impero furono le attività di Giulio Cesare nel periodo successivo alla morte di Pompeo nel 48 a.C. Tenendo i consolati e la dittatura, intraprese delle riforme che affrontarono alcuni importanti problemi legati all’amministrazione delle province. Gli furono tributati degli onori e, sebbene fosse consapevole della necessità di mantenersi entro i limiti del repubblicanesimo, il suo comportamento da monarca virtuale portò al suo assassinio nel 44 a.C. Viene spesso descritto come il primo imperatore romano. È chiaro che dopo di lui non fu possibile tornare alla più ampia base di potere che la repubblica (almeno teoricamente) comportava. Questo slancio fu alla base degli sviluppi che culminarono nella battaglia di Azio nel 31 a.C. Dopo di che Augusto (o Ottaviano, per usare il nome che gli studiosi moderni gli danno in questa fase della sua carriera) arrivò a prendere il pieno controllo militare di Roma e dei suoi territori. Ma fu nella sua abile manipolazione delle strutture costituzionali esistenti della repubblica che l'”impero” fu istituito per la prima volta.
Oltre al controllo militare, Augusto aveva bisogno di una base legittima da cui esercitare l’imperium. Questa non poteva essere la carica di dittatore, dato il risentimento che provocava nel caso del suo prozio Giulio Cesare. Cercò invece un accordo che fosse costituzionalmente valido, e che allo stesso tempo gli desse un posto speciale da cui potesse lavorare con altri gruppi a Roma il cui sostegno continuo era ovviamente necessario per il controllo del vasto territorio. Il risultato fu un accordo nel 27 a.C. con cui il senato investì Augusto di un imperium di console da cui governare la sua enorme provinda (provincia). (Come imperium, la parola latina provinda ha un doppio significato in termini di ‘luogo’ e ‘sfera di comando’). Augusto era ora tecnicamente un magistrato nell’antica tradizione repubblicana, e più tardi aggiunse a questo i poteri di altri uffici, assumendo gradualmente il loro imperium per la singola persona del sovrano. Così poteva affermare che stava operando all’interno del quadro stabilito delle magistrature di Roma, ma con una differenza significativa: nel registrare le sue conquiste nelle Res Gestae 34 descrive che “ho superato tutti in influenza, ma non ho avuto più potere di altri che erano miei colleghi nelle diverse magistrature”. (Le Res Gestae sono una vasta iscrizione in cui Augusto registra i suoi successi come una sorta di epitaffio autobiografico). Questo riassume la sua visione: il suo potere (potestas) non era costituzionalmente superiore a quello dei suoi colleghi in carica, ma era la sua influenza (auctoritas), derivata da questa combinazione di magistrature, a dargli la supremazia. Scrivendo circa un secolo dopo, lo storico Tacito riferì: “Augusto, usando il titolo di princeps, portò nel suo imperium l’intero stato logorato dai problemi della guerra civile” (Annali 1.1).
Fu in questo periodo, quindi, che l’imperium si trasformò dalle pratiche ad ampio raggio della repubblica all’autorità finale di un singolo sovrano. Augusto preferiva il titolo di princeps per le sue connotazioni repubblicane (che significava ‘primo uomo’ o ‘un importante uomo di stato’) piuttosto che dittatore o dominus autoritario, così il suo governo è spesso descritto come ‘il principato’. Ma da questo momento in poi il termine imperium Romanum fu sempre più usato anche nelle fonti antiche. Fu l’inizio dell’Impero Romano.